Il Campanile di San Marco, meta d’obbligo situata in Piazza San Marco, ha infinite code, in piena stagione possono arrivare anche ad 1 ora di attesa.
Il miglior metodo per visitarlo evitando allo stesso tempo le code è comprare i biglietti ufficiali online.
Così facendo eviterai totalmente ogni coda e, in pochi minuti, potrai immediatamente entrare nel campanile, prendere l’ascensore e arrivare in cima a godere del panorama mozzafiato.
All’entrata vedrai due file distinte: i “prenotati online” dove, naturalmente, non vedrai alcun tipo di coda, e i “non-prenotati”, dove potrai vedere le famose code infinite.
I biglietti online sono venduti esclusivamente da rivenditori ufficiali della Basilica di San Marco. (che gestiscono anche l’entrata al campanile)
Corre l’anno 912 – ancor prima dell’anno 1000 – e i veneziani hanno in mente una nuova torre di controllo affiancata alle altre 4 già esistenti in funzione di difesa di Palazzo Ducale. Proprio quest’ultima diventerà la torre più alta della città (98.6 m), locata nel luogo simbolico di Piazza San Marco col nome veneziano di “El Paron de Casa”
La struttura iniziale di cui sappiamo molto poco è stata restaurata più e più volte per colpa di tuoni o incendi che colpivano costantemente la torre, alla fine del 1400 un fulmine danneggiò gravemente il campanile.
Con il susseguirsi dei restauri, la struttura di legno placata in rame dell’arcangelo Gabriele fu aggiunta e, grazie a un complesso rotante, indica la direzione del vento.
Più tardi, nel 1500, Iacopo Sansovino aggiunse una loggia alla base della torre, chiamata precisamente “Loggetta di Sansovino” che inizialmente sarebbe dovuta essere un arco del trionfo per i patrioti veneziani.
Per via della sua altezza e dei suoi rinforzi in ferro la torre è sempre stata come un parafulmine naturale, a metà del 1700 un altro episodio fece crollare parte della torre uccidendo 3 persone.
Con il peso della torre, la debolezza strutturale e i materiali rovinati la popolazione cominciò a dubitare della sua integrità ma nessun’azione venne presa prima di 150 anni dopo la tragedia.
Nonostante la commissione dichiarò stabile la struttura nel 1800, a distanza di un secolo, il 7 luglio 1902 durante una ristrutturazione di minor importanza all’interno della Loggetta di Sansovino, una pericolosa crepa fu evidenziata tra i mattoni e, una settimana più tardi, il 13 luglio alle 09:47 la crepa si aprì e fece collassare l’intero campanile, lasciando nient’altro che una pila alta 20 metri di detriti.
Nonostante l’immenso disastro, una vera e propria catastrofe della struttura che la portò a collassare su sé stessa, non ci furono feriti e l’adiacente Basilica di San Marco rimase illesa, tuttavia, la Loggetta di Sansovino fu completamente distrutta. Solo l’angelo e la campana maggiore, la Marengona, emersero dai detriti, il quale recuperò andò avanti per 6 mesi consecutivi.
I veneziani tuttavia, non potevano rimanere senza il loro simbolo, il “paron de casa”, uno dei simboli della magnificenza di Venezia, simbolo mostrato a re e imperatori con fierezza che dalla cima potevano ammirare la bellezza del panorama e della città che anche noi ancora oggi possiamo godere a distanza di secoli, rimanendo incantati a guardare la laguna, la città e, se il cielo consente, il mare e le Dolomiti all’orizzonte.
La sera stessa del collasso, il consiglio della città si riunì con urgenza, allocando 500.000 vecchie lire per la ricostruzione della torre, inaugurando i lavori iniziati con il posizionamento del primo mattone il 25 aprile 1903 che seguivano il motto “com’era, dov’era”.
Il nuovo campanile fu inaugurata il giorno di San Marco, patrono della città, il 25 aprile 1912.

Non è ancora chiaro quando le campane furono installate in quella che era inizialmente solamente una torre di guardia ma è certo che nel 13esimo secolo le campane erano già presenti.
Ancora oggi è possibile sentirle suonare in “plenum”, simultaneamente solo in poche occasioni liturgiche, come la festa del Santo Patrono.
Dopo il collasso nel 1902, la sola campana a riemergere illesa dai detriti fu la “Marengòna”, otto tonnellate di bronzo furono fuse per produrre le nuove campane, utilizzando una vecchia fornace in disuso.